Le giornate passano intense ma non
riescono a distogliere la mia attenzione da quanto sta succedendo in
Italia: complice la lontananza le mie preoccupazioni non andavano
solo ai ragazzi ma anche alla mia famiglia ed ai miei amici. Mi è
capitato più di una volta di sentirmi impotente davanti a certe
reazioni dei fanciulli, di non avere nemmeno la più pallida idea di
cosa fare ma sapevo che col tempo sarei riuscito a superarla però
stavolta è diverso, è una cosa talmente grande che mi lascia
attonito, l'unica cosa che posso fare è avere fiducia che andrà
bene, che le cose si sistemeranno nel miglior modo possibile.
Mentre scrivo è arrivata la notizia
dei primi casi di coronavirus qui in Bolivia, sapevo che prima o poi
sarebbe successo ma non posso non essere allarmato vista la situazione
in cui versa il servizio sanitario pubblico di questo Paese, che ho
potuto nuovamente constatare di persona proprio ieri. La mattina mi
ero svegliato presto per portare una bambina all'ospedale per una
sospetta frattura al braccio: la piccola vi era già stata portata il
sabato mattina ma è tornata in hogar senza ricevere alcuna cura
perchè il traumatologo non c'era. Una volta preso il numero con cui
sarei stato ricevuto dal medico e passato dalla segreteria per
ricevere la documentazione necessaria per avere la garanzia di poter
beneficiare della prestazione sanitaria, entrato nello
studio del dottore scopro che a quest'ultimo non avevano passato le
lastre della radiografia che avevano fatto alla fanciulla appena due
giorni prima: mi è toccato interrompere la visita, andare in pronto
soccorso e richiedere i raggi, nella speranza che non fossero andati persi.
Per fortuna sono riuscito a recuperarli ma ho dovuto aspettare per
essere nuovamente ricevuto dallo specialista, che devo dire era una
persona ben preparata e disponibile. Mi informa che è necessario
ingessare il braccio della bambina e mi spiega per filo e per segno
tutto ciò che può e non deve fare, mi dà una ricetta per delle
vitamine che potrò ritirare nella farmacia della struttura dopo
essere nuovamente passato in segreteria per avere il timbro che
autorizzava a darmi quanto indicato dal dottore nel foglio che mi
aveva dato. Per poter avere quelle compresse ho dovuto portare molta
pazienza perchè la coda era molto lunga e c'era una sola persona che
stava consegnando i farmaci mentre gli altri suoi colleghi stavano
facendo colazione o vedendo la televisione, ignorando le proteste di
chi stava in fila. E' in quel momento che mi sono detto che se dovesse
scoppiare un'epidemia come quella che ora sta avvenendo in Italia qui sarebbe un
disastro per la quantità e la poca qualità del servizio offerto.
Stavolta mi è andata bene perchè sono uscito dall'ospedale dopo
circa tre ore e mezza, però i dubbi sul sistema sanitario restano visto che per i numerosi casi di dengue che si stanno registrando
mancano i posti letti e fino a qualche settimana fa i malati, persino
quelli più giovani e gli anziani, erano costretti a bivaccare nei
corridoi o in strada in attesa che qualcuno li possa assistere... Non
oso immaginare cosa potrebbe accadere in caso di epidemia e parlando
con i miei amici boliviani ho potuto constatare come abbiano i miei
stessi timori e paiono rassegnati, c'è la consapevolezza che non sono attrezzati ad affrontare un'emergenza sanitaria simile a quella che si sita vivendo in Italia o in Cina e pertanto sarebbe un grossissimo
problema.
Cerco di non pensarci troppo, ho ben
altro di cui occuparmi però quando i ragazzi mi chiedono del
coronavirus non posso evitare di rispondergli, perchè è importante per me che abbiano le
idee chiare, ed è in quei frangenti che le mie preoccupazioni sono tutte rivolte a chi mi sta a cuore: cerco di non farlo troppo vedere ma gran parte dei miei pensieri vanno a tutti quelli che conosco e che ora
stanno in Italia, mi sento davvero impotente perchè non posso
aiutarli in alcun modo e non posso stargli vicino, allo stato attuale non ci sarebbe nemmeno un aereo che mi porterebbe a casa. Devo soltanto
affidarmi, credere che Qualcuno li protegga perchè è più grande e
forte di me. Ho la certezza che lo farà e credo che non sia affatto
un caso che sia ritornato in Bolivia pochi giorni prima che in Italia
scoppiasse il caos: si tratta di una delle tante Dio-incidenze che
ritrovo nella mia vita e so che esiste un motivo ben preciso per cui
sono qui, adesso forse non mi è del tutto chiaro ma il tempo sarà
un alleato prezioso per scoprirlo. Nel frattempo continuerò ad
occuparmi dei miei ragazzi, ne hanno veramente bisogno ed io sono qui per loro.
Har baje
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