martedì 29 ottobre 2019

Che sta succedendo in Bolivia?

L'ultima settimana qui in Bolivia è stata intensa e caotica: si registrano proteste in gran parte del paese; il trasporto pubblico è fermo; le scuole sono chiuse e le strade sono bloccate dai manifestanti per cui l'unico modo per muoversi è a piedi, in bici o in qualche occasione in moto; i soli mezzi che posso circolare sono le ambulanze, i camion che portano cibo ai mercati e supermercati, i veicoli di polizia, pompieri e dei servizi che erogano acqua ed energia elettrica. E' l'effetto del paro indefinido, promosso a Santa Cruz e poi diffusosi in gran parte delle altre regioni.
Cosa ha scatenato tutto questo? Spero di spiegarlo usando poche e semplici parole, come ho fatto ieri con Fernando, uno dei ragazzi più grandi, che mi ha chiesto una spiegazione di quello che sta avvenendo: domenica 20 ci sono state le elezioni politiche e già in serata i primi dati mostravano che un secondo turno era molto probabile, visto che il partito del presidente uscente Morales si attestava con un vantaggio inferiore al 5% sul secondo e ciò non gli avrebbe assicurato la vittoria immediata. Il lunedì mattina succede qualcosa di insolito, anche a detta degli osservatori internazionali: non vengono più aggiornati i risultati parziali, per quasi tutta la giornata i dati rimangono fermi su quell'83% già scrutinato che confermava il ballottaggio. Cominciano i dubbi che trovano conferma in serata quando, improvvisamente, lo spoglio viene aggiornato e dà la vittoria al primo turno al partito al potere, che stacca di più del 10% il diretto inseguitore: la rabbia esplode, la gente parla di broglio, cominciano a circolare le prime prove su come sia stato falsato il risultato delle urne ed in alcune città vengono bruciati i tribunali elettorali mentre qui a Santa Cruz si prenderà una decisione solamente il giorno dopo, ovvero il martedì.
Che stava per succedere qualcosa di grande, di preoccupante lo intuisco quando Liliana mi chiama la mattina presto e mi consiglia di uscire presto per il mio giorno libero per fare ritorno quanto prima: la sua voce era allarmata ed era confermata dalle code chilometriche alle pompe di benzina e dai supermercati presi letteralmente d'assalto. A metà mattina la decisione è quella di paro indefinido, che scatterà a mezzanotte: uno sciopero in cui la gente blocca le vie con auto, pietre, pneumatici, tronchi, fusti di acciaio e con tutto ciò che può essere utile a farlo. Non viene fissata una data di fine: si deve andare al secondo turno, costi quel che costi, ed il governo deve ammettere che qualcosa non ha funzionato nel conteggio dei voti. Tutto è paralizzato ed i lavoratori hanno difficoltà a raggiungere le imprese, gli uffici ed i negozi: l'unico modo per arrivarci è farlo a piedi ma c'è il pericolo di tafferugli ed è impensabile pensare di spostarsi sotto il caldo cocente di questi giorni per diversi chilometri camminando. E' un problema enorme sopratutto per gli hogar, il mio per fortuna riesce a gestire la situazione abbastanza bene: dei 18 dipendenti rimaniamo solo in 7 perchè siamo quelli che vivono nella zona e la paralisi non ha conseguenze, inoltre le ragazze più grandi non si sono tirate indietro davanti a questa situazione e ci stanno dando una grossa mano. Da ieri sono tornati a lavorare chi vive a circa una decina di chilometri da noi, pur con qualche difficoltà visto che devono camminare quasi un'ora per prendere poi una moto che, a tariffa maggiorata rispetto al normale, li porti fino a qui.
La cosa che più preoccupa sono le scorte di viveri: la dispensa è ben rifornita ma sono la verdura e la frutta che si comprano settimanalmente a darci dei grattacapi. Per ovviare al problema facciamo la spesa ad un mercato di un villaggio qui vicino, dove non c'è molto e ci si deve accontentare, ed è qui che ci accorgiamo che i prezzi sono aumentati. Possiamo raggiungerlo con la camionetta visto che dove ci troviamo si può circolare, l'unica cosa che ci è impedita è andare in città visto che le uscite sono presidiate dalla gente in protesta e sono chiuse con delle macchine poste di traverso che non permettono alle auto di passare.
Mi sto informando attraverso internet della situazione, che di ora in ora cambia e non si riesce davvero a capire come andrà a finire, ma solamente vivendola di prima persona ho potuto capire quanto sia difficile: ieri ho accompagnato Liliana verso la città in quanto dovevamo andare a ritirare l'autorizzazione a circolare presso il comitato organizzatore del paro e comprare quello che mancava in cucina, pensando di non cacciarci in qualche guaio perchè forti di un'autorizzazione provvisoria fornitaci dai manifestanti della nostra zona. Quando mi sono recato da loro mi hanno impressionato le decine di persone che stanno bloccando il ponte che porta all'aeroporto, non mi sentivo molto a mio agio però devo ringraziarli per averci dato la possibilità di dirigerci verso la città.
Dopo circa tre chilometri ecco un altro blocco, più grande del precedente, dove ci consigliano di fare un percorso alternativo per arrivare più facilmente a destinazione: nel nostro avanzare è strano vedere così tanta gente camminare, è surreale constatare che così poche auto circolino per le strade e nessun autobus compaia all'orizzonte.
Man mano che ci avviciniamo a Santa Cruz ci accorgiamo che non sarà una passeggiata: i blocchi aumentano e la distanza tra loro si fa sempre più breve. In qualcuno ci tocca pagare una sorta di pedaggio, altri ci fanno passare esibendogli l'autorizzazione e dicendo loro che siamo di un hogar ma altri non ci permettono di proseguire, anzi si arrabbiano perchè per loro non stiamo appoggiando la protesta. Trovare una strada per andare avanti è arduo, anche la più piccola via è stata bloccata con diversi veicoli oppure hanno legato pali e barili con del ferro in modo tale da renderne impossibile la rimozione. Una volta ci è stato chiesto di offrirgli da bere per farci passare ed in un'altra ci è toccato spostare e poi rimettere i pneumatici al loro posto pur di avere la possibilità di transitare. Più si proseguiva e più era difficile continuare: era passata più di un'ora da quando eravamo partiti e mancava ancora molto per arrivare al luogo dove ci avrebbero rilasciato il lasciapassare. Non restava che tornare indietro, visto che le notizie che arrivavano non erano affatto buone: in diversi punti della città stavano cominciando degli scontri. Seppur a malincuore facciamo marcia indietro ed andiamo direttamente ad uno dei mercati più vicini: ci costa del tempo farlo perchè non si riesce a trovare una via che sia completamente libera e, nonostante le nostre suppliche, c'è chi non ci sente e non ci permette di proseguire per cui siamo costretti a cambiare più volte il tragitto.
Arriviamo finalmente al mercato: dobbiamo fare in fretta, ci dividiamo e abbiamo l'amara sorpresa che tutto è aumentato, sebbene siano passati appena 6 giorni dall'inizio del paro: i pomodori hanno triplicato il loro prezzo, così come le carote, le patate, le uova, lo yogurt. Non possiamo rinunciare a comprare, è per il bene dei ragazzi, e cerchiamo di acquistare tutto quello che si può perchè sembra che la situazione stia precipitando e bisogna assolutamente fare delle scorte. Riempita la macchina comincia il nostro viaggio di ritorno verso l'hogar: dobbiamo passare per il posto di blocco più grande che ho visto nella giornata, dove un tir occupa di traverso ben tre carreggiate e c'è una moltitudine che grida contro il governo e rivendica nuove elezioni. La cosa mi ha fatto un certo effetto e quando ci dicono di far in fretta per arrivare a destinazione perchè ci stiamo dirigendo dove ci sono degli scontri ammetto di aver sudato freddo, cominciavo davvero ad avere paura. Passiamo un supermercato che praticamente è strapieno di gente che sta facendo provviste ed arriviamo ad un altro punto di protesta: vedo gente che grida ed è armata di pali, chiedono un passaggio e salgono nei pick up per andare a dar man forte negli scontri, mi sembra di vivere in un film ma è una realtà che mi prende alla sprovvista e non mi resta che cercare di mantenere la calma, anche se è difficile. Ci fanno passare dopo aver controllato il bagagliaio e tiriamo un respiro di sollievo visto che ormai non avremo nessun intoppo fino a casa. L'ultima cosa che vedo prima di svoltare verso la piazza del paese è un sacco di gente armata di bastoni che si dirige verso il ponte: un brivido mi percorre la schiena, mi viene da pregare perchè non succeda niente di grave e per fortuna è così. Devo ringraziare Dio se siamo arrivati sani e salvi e devo complimentarmi con Liliana perchè guidare e parlare con calma alla gente che stava bloccando le vie non era facile vista la situazione.
Non è soltanto quest'episodio a farmi capire che quanto sta accadendo di giorno in giorno si sta facendo più complicato: nella piazza di Valle Sanchez, il paese a circa due chilometri da noi, ho visto code interminabili per comprare il latte dal contadino che è arrivato fin lì con il suo trattore o per il pollo, arrivato grazie ad una concessione del comitato che sta bloccando gli accessi al paese. Sentendo il personale c'è apprensione anche per il gas visto che non ci sono allacciamenti diretti e si può cucinare solo con le bombole: qui in zona non si trovano più e questo pomeriggio è arrivato in piazza il camion che le vende... Il problema è che il loro prezzo è ora di 70 boliviani, mentre prima della crisi valevano appena 25 boliviani!
Ad oggi non si capisce ancora bene come si evolverà la situazione, anche se negli ultimi giorni gli episodi di scontri violenti stanno aumentando: con tutto il cuore spero che si riesca a trovar la soluzione migliore per uscirne visto che a risentirne è la gente più povera, quella che deve lavorare duramente per cercare di arrivare a fine mese o addirittura a fine giornata. Me lo auguro soprattutto per i miei ragazzi ed i miei amici boliviani perchè non credo che si possa continuare ad andare avanti così ancora per molto.
Har baje

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