E' stata una sorpresa, una di quelle che ti pigliano come un fulmine a ciel sereno: la settimana era appena cominciata ed era una giornata festiva dove tutto stava filando liscio nonostante solo la metà del personale stesse lavorando. Approfittando del fatto che i ragazzi erano saliti per una piccola passeggiata mi connetto col cellulare a Whatsapp e mi stupisco nel notare che la superiora dell'hogar dove si trovano due mie figliocce aveva cercato di contattarmi: mentre me ne chiedo il motivo subito mi accorgo di due messaggi che mi chiariscono tutto visto che mi informano della fuga di una delle ragazze che da meno di un mese avevamo proceduto a trasferire proprio lì.
All'improvviso il senso della giornata cambia radicalmente, mi sento riempire di tristezza e non posso non essere preoccupato: questa fanciulla l'ho vista arrivare piccolina e crescere fino ad arrivare ad essere la più alta del centro, come in altri casi l'adolescenza ha aumentato i problemi che si porta dentro e la decisione di mandarla altrove era dovuta al fatto che ormai la sua esperienza qui era giunta al termine ed era arrivato il momento di lasciarla andare.
Ho tentennato molto prima di chiamare la suora, a dire il vero non ne avevo molta voglia ma alla fine le ho telefonato, non potevo rimanere indifferente rispetto a quanto accaduto: mi racconta che la giovane era scappata verso le nove di sera scavalcando un muro, ingannando una sua coetanea che l'aveva vista in modo che non desse subito l'allarme. Mi viene chiesto il numero di telefono della zia per verificare se ora si trovasse da lei e prometto di girarglielo appena me lo procuro, anche se escludevo questa possibilità visto che la parente si trovava a quasi due ore di auto e la ragazza non aveva soldi con sè, inoltre per le strade c'erano svariati blocchi in protesta per la situazione politica del paese che ostacolavano di molto la circolazione.
Conclusa la chiamata non riesco a stare tranquillo per quanto sono venuto a conoscenza: non facevo altro che pensare a dove si potesse trovare in quel momento, se stesse bene e speravo che ritornasse sui passi e fosse tornata a quella che era la sua nuova casa... In fin dei conti era l'unica cosa che potessi fare per lei: credere che le cose per lei sarebbe andate bene anche se ero ben consapevole che si era messa in un bel guaio. Con la testa affollata da tutte queste idee sono andato con un gruppetto a lavorare nell'orto e devo dire che è stato un toccasana visto che pian piano mi sono sentito più leggero, più allegro.
Questa ritrovata spensieratezza è durata ben poco perchè al momento di andare a buttare quanto si era pulito vedo nel primo cancello d'entrata entrare una figura che mi sembra di riconoscere, quasi d'istinto non voglio credere ai miei occhi ma quando nuovamente fisso proprio in direzione dell'ingresso intuisco di chi si tratta e le voci delle ragazze che mi accompagnano mi confermano che non mi sto sbagliando: è proprio la fanciulla che era scappata dall'altro centro! Cerco di tenere la calma, consiglio a chi mi sta aiutando di non avvicinarsi a lei e che sia meglio che ritorni dentro mentre aspetto che lei mi si avvicini di più: nonostante la mascherina che le copre il volto noto che è in stato confusionale, appare sconvolta, ha un'espressione triste. La saluto, la faccio sedere in una delle panchine che abbiamo appena fuori l'entrata, non mi azzardo a chiederle cosa ci facesse qui, anche se mi sorprende che ha fatto più di 15 chilometri a piedi per arrivare: voglio metterla a sua agio, non è proprio mia intenzione gettare benzina sul fuoco ad una situazione che di per sè è già molto delicata. Credo abbia intuito che già sapevo tutto quello che era successo e mi dice che vorrebbe parlare con Liliana: visto che non c'è le dico di aspettare mentre la contatto per telefono. Durante la chiamata ricevo preziosi consigli su come agire e, una volta terminata la conversazione, mi riavvicino alla giovane invitandola ad entrare: la faccio accomodare e, vedendola visibilmente affaticata, vado in cucina e ritorno con del tè avanzato dalla colazione e con del pane, certo che dovrebbe aver sete e fame. Mi ringrazia del gesto e la lascio per qualche attimo mentre chiedo agli educatori di non permettere ai ragazzi di avvicinarsi a lei per evitare che le mettano pressione facendole un sacco di domande visto che non si trova in una stato mentale ottimale per poter rispondere, è abbastanza scossa e non ha voglia di parlare molto. La mia intenzione è metterla a suo agio, di farla sentire al sicuro e per questo mi sono permesso di avvicinarmi solo un paio di volte per assicurarmi che stesse bene e se avesse bisogno di qualcos'altro, accorgendomi in un'occasione che stava sonnecchiando per la stanchezza dovuta ad una notte passata all'aperto.
Liliana torna a chiamarmi e mi avvisa che non per motivi di salute non può venire a parlarle direttamente ma lo farà attraverso una videochiamata: informo la fanciulla della cosa e la porto in una stanza dove nessuno potrà disturbare o interrompere la conversazione. Mio malgrado devo essere presente, visto anche il fatto che il cellulare è mio e lei non ha la minima idea di come funzioni: cerco di intervenire il meno possibile, quasi mi metto in un angolino per non dare troppo fastidio ma non posso evitare di ascoltare tutto e rattristarmi nello scoprire di quanto sia fragile chi mi stia davanti, sebbene cerchi in tutti i modi di apparire una persona forte che non ha bisogno di nessuno. Mi fa tenerezza vedere come pian piano questa facciata si sgretoli lasciando intravedere le sue debolezze, le sue paure... Mi sconforta sentirla così, cerco di fare mio questi suoi stati d'animo anche se è complicato ma non posso stare lì immobile, senza far niente: Liliana mi affida il compito di riceverla e di cercare di rasserenarla almeno fino al giorno dopo. La prima cosa è stata trovarle una sistemazione in uno dei dormitori delle ragazze, successivamente farle fare una bella doccia e darle dei vestiti per cambiarsi visto che era scappata senza portare nulla con sé: era nostro dovere fare questo per lei, non potevamo voltarle le spalle proprio ora e soprattutto dopo tutti gli anni che ha passato con noi.
La storia però quasi sicuramente non avrà un lieto fine: la ragazza non potrà rimanere qui da noi per questioni di età né tanto meno potrà far ritorno da dove è venuta, dovremo nuovamente salutarla e trasferirla ad un altro centro dove mi posso solo augurare si possa trovare bene e non trovi motivo che la spinga a scappare nuovamente... Alla fine un senso di amarezza mi pervade, sento che questa fanciulla è costretta a pagare duramente le conseguenze del fatto di non sentirsi amata ma rifiutata, persino da chi l'ha messa al mondo, e non credo sia affatto giusto. Mi riscopro impotente perchè non posso fare niente per cercare di migliorare le cose, posso solo chiedermi fino a quando dovrà rispondere per colpe non sue.
Har baje
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