lunedì 27 maggio 2019

Fiducia

La settimana scorsa è stata impegnativa e, per alcuni versi, complicata poiché quasi tutti i giorni dovevo portare dal dentista le ragazze che da quest'anno rientrano nel progetto di ortodonzia, sommandosi così all'appuntamento fisso che mi vede ogni due settimane accompagnare i fanciulli con carie e problemi nel cavo orale da Luis, il marito di Liliana, che ci offre gratuitamente il suo servizio. Sono contento che tutto sia andato bene anche se l'attesa a volte era lunga così come gli interventi da fare e ciò non agevolava i miei piani: non è stato tempo sprecato perchè sono stato vicino a questi ragazzi mentre gli stavano curando una carie o estraendo un dente e so che per loro questo vale come oro, ne è valsa proprio la pena pensando che soprattutto è per la loro salute!
C'è stato però un caso che mi ha fatto sudare le famose sette camicie e fatto pensare che, forse, era meglio fare un passo indietro ed interrompere il trattamento previsto: riguarda una delle ragazze che per quest'anno si vuole aiutare con l'ortodonzia, visto che presenta vari problemi nella dentatura e per la quale mi è stato detto che era molto più semplice procedere a rompere e ricostruire gli ossi della mandibola e della mascella che risolvere il tutto con vari apparati ortodontici.
All'inizio nutrivo forti dubbi su di lei non perchè non ne avesse bisogno, anzi era la prima ad essere consapevole di avere una dentatura tutt'altro che perfetta, ma per l'aspetto psicologico visto che è un poco immatura per la sua età nonostante sia tra le più grandi, è molto timida e si deprime facilmente quando la si sgrida o la si prende in giro: pensavo e tutt'ora sono convinto che quanto stiamo facendo per lei le può cambiare la vita, soprattutto le può aumentare l'autostima. Ammetto che mi ha lasciato di stucco quando è stata chiamata nell'ufficio di Liliana insieme ad altre tre fanciulle e l'abbiamo informata che, se era d'accordo, volevamo sottoporla ad un ortodonzia perchè rientrava in tutti i requisiti richiesti: ha accettato, anche se il suo sì era diverso dagli altri in quanto detto abbassando lo sguardo, come se fosse intimorita. La accompagno da Luis che fa una prima valutazione e le comunica il tipo di trattamento che dovrà fare per lei in modo che si renda conto di ciò che comporterà: sia per me che per lui è importante che sia convinta al cento per cento in quanto la riuscita del progetto dipende per metà da lei. Mi conferma la sua decisione, Liliana ed io le diciamo che non ci può raccontare delle bugie perchè il costo dell'operazione è consistente e non possiamo permetterci di buttare via dei soldi se non le piace quanto proposto: è sicura, mi ripete, e così la porto insieme alle altre a fare delle radiografie, che nel suo caso sono complesse, sebbene il suo comportamento mi indicasse il contrario di quello che dice.
Nel corso delle settimane le si curano le carie ma avverto che c'è qualcosa che non va, mi convinco che sia solo una mia impressione ma quando il dentista mi confida che non la vede convinta i miei dubbi riaffiorano: sto facendo bene oppure questa volta ho preso un bel granchio? La cosa più divertente è che la fanciulla mi parla dei suoi dolori ai denti o delle sue perplessità e non lo fa con Luis, che tra l'altro è suo padrino: mi ritrovo così a farle da portavoce ed a volte a spingerla a fare le domande direttamente all'esperto, visto che io non ho la competenza necessaria per dare delle risposte adeguate e quello che so deriva soltanto da un'esperienza indiretta fatta in questi anni in Bolivia. Ne parlo con Liliana perchè ciò mi rende confuso ma mi tranquillizza, dicendomi che probabilmente la fanciulla mi vede come una figura di riferimento e crede in me.
Le mie perplessità ritornano quando le viene collocato un apparecchio che ha lo scopo di allargare l'arcata superiore dei denti: ha dei ganci che sporgono fuori dalla bocca che serviranno per permettere alla maschera facciale di allineare la mascella alla mandibola. Una volta posto già noto dalla sua espressione che è molto dubbiosa e appare allarmata quando viene a sapere di quello che dovrà indossare nei prossimi mesi: già l'aveva visto in uno dei ragazzi che era ospitato nel centro ma son convinto che l'idea che ora toccasse a lei metterlo non le piacesse affatto. Nelle serate dei giorni successivi, complice il fatto che devo controllare se si stia lavando bene i denti, le chiedo come va e mi confida che quell'apparato la disturba, soprattutto quando mangia, e la incoraggio spiegandole che è normale, è questione di abitudine e le suggerisco di mangiare più lentamente, ignorando quello che le avrebbero detto gli altri. Quando andiamo dal dentista, spiego a quest'ultimo i suoi disagi perchè so che, sebbene me li abbia confidati, l'unico modo per poterla aiutare è rivolgermi a chi ne sa più di me e lui prontamente ci fornisce tutte le soluzioni del caso.
La settimana scorsa arriva il momento fatidico: la maschera è pronta, bisogna solamente regolarla alle dimensioni della sua faccia ed il gioco è fatto.... Almeno a parole visto che quando entriamo in auto alle mie domande fa scena muta e quando apro il cancello di entrata vedo che i suoi occhi sono lucidi: sta per piangere! Le mie parole sul fatto che questo è per il suo bene risultano vane e non servono neppure quelle di Liliana: ha bisogno di tempo, mi permetto di toglierle quello strumento e le dico che la aiuterò a metterselo solo quando lei vorrà. Cerco sua sorella maggiore e le chiedo se può parlarle, se può farle capire che non è la fine del mondo indossare quella cosa e che è soltanto questione di qualche mese: credo che il suo aiuto sia stato fondamentale visto che la sera stessa viene in infermeria e dice che vuole collocarselo, a condizione che nessuno la veda, per poi tornare nel suo dormitorio con la testa avvolta in una felpa una volta realizzata la sua richiesta.
“Ci vorrà molto tempo e molta pazienza” mi dico per poi sorprendendomi quando ricompare la mattina successiva in infermeria e mi dice che vuole continuare ad indossarlo: le chiedo se è sicura perchè dal suo comportamento non sembra ma mi dice di sì, anche se evita di vedermi negli occhi. Accolgo la sua richiesta e l'aiuto a collocarsi la maschera ma il risultato è un colpo al cuore, mi crea una forte tristezza: da quel momento si mette in disparte e si copre il volto con una maglia. Passano i minuti e non posso non fare qualcosa: mi avvicino e le rimuovo l'apparecchio dicendole che così non può funzionare, se non ci mette del suo è meglio lasciar stare. Guardandola negli occhi, che dicono tutto su come stia, posso soltanto dirle che solo se lo vorrà veramente dovrà venirmi a cercare affinchè le consegni quella maschera, son disposto ad aspettare ma è lei che dovrà decidere.
La lascio sola mentre parlo dell'accaduto a Liliana, anche per sfogare la mia frustrazione: credo che stavolta ho fatto il passo più grande della gamba, temo di aver sbagliato ma non posso parlare di fallimento perchè ho cercato di aiutare, ho allungato la mano verso chi ne aveva bisogno ma l'altro per chissà quale ragione non ha voluto afferrarla. Penso però ai soldi spesi: cosa posso dire alle persone che credono in me e che hanno fatto dei sacrifici per darmi la possibilità di occuparmi di questi ragazzi? Ho paura che non sia sufficiente dire la verità: ho creduto alle parole di una bambina che purtroppo, per una serie di motivi, non si sono trasformate in realtà... In quel momento vivo sentimenti contrastanti ben sapendo che l'unica cosa che posso fare è aspettare.
Lo stesso giorno, prima di andare a scuola, ecco che la fanciulla si ripresenta da me e mi dice che ce la metterà tutta: le rispondo con un sorriso che sparisce nello spazio di pochi minuti perchè c'è una condizione, quella di dover parlare a tutti per dire loro di non prenderla in giro per via del nuovo look. In quel momento capisco tutto, anche se già sapevo che la sua paura maggiore era essere bersaglio degli altri ospiti del centro, e accenno con il volto che non mancherò di farlo visto che ha piena fiducia nel fatto che la aiuterò per l'ennesima volta, sebbene non avessi la più pallida idea di come trattare l'argomento. Passo tutto il pomeriggio ad immaginarmi la scena, a quali parole usare ma tutto quello che mi viene in mente non mi soddisfa e non credo produca l'effetto desiderato. La mattina seguente la fanciulla viene in infermeria e basta una sua espressione per farmi venire in mente in un attimo il modo con cui mi sarei rivolto ai ragazzi: sfruttando il momento della preghiera prima della colazione chiedo loro di aiutarmi con lei perchè il progetto per sistemarle i denti possa proseguire visto che da solo non posso farlo e non pretendo molto da loro, domando solo che siano più comprensivi e che evitino di ridere alle sue spalle. Non so se sarà stato il tono usato o le parole stesse ma la risposta è stato un sì convinto alla richiesta di appoggiarmi e ne sono rimasto soddisfatto. In quel momento ero consapevole che non potevo fare nulla di più, avevo già dato tutto quello che potevo ed ora spettava alla ragazza mettere del suo: mi aveva chiesto un atto di fiducia ed io lo avevo fatto, mi era costato ma l'avevo realizzato. Da quella mattina ha cominciato ad usare la maschera senza alcun tentativo di nascondersi e ne ero contento: finalmente si era decisa a farlo! Non vi nascondo poi la gioia che ho provato quando il dentista ha detto che ci sono stati notevoli progressi nell'allineamento tra le due arcate dentarie e che, a seguito di ciò, sarebbe bastato un mese e poi quell'apparecchio non sarebbe più servito: un vero miracolo, reso possibile grazie agli stimoli che solo una fiducia ben riposta e che non viene tradita può dare!
Har baje

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