A volte un po’ di riposo è necessario e così, dopo un paio
di mesi in cui ho rimpiazzato un po’ tutti per le ferie, pitturato i saloni di
studio e tagliato i capelli ai ragazzi, ho avvertito la necessità di staccare
ed ho colto l’occasione di viaggiare con Tiziano per visitare una delle città
più importanti della Bolivia: La Paz.
Dall’aereo ho avuto subito l’impressione di trovarmi in un
posto più povero rispetto a Santa Cruz: alle case mancano gli intonaci, danno
l’idea di non esser state ancora finite ed il tetto è fatto di lamiere perché
gli abitanti non hanno i soldi per permettersi di terminarle o di comprare i
coppi. Una volta arrivato scopro di trovarmi a El Alto, cittadina gemella di La
Paz, che si trova sui 4000 metri d’altezza: si è sviluppata negli ultimi 20
anni ed è cresciuta grazie alla forte migrazione. Per arrivare alla meta del
mio viaggio si deve prendere un taxi e scendere di circa 400 metri: percorrendo
la strada ho potuto notare come la città si trovi in una specie di conca tra le
montagne, che la proteggono dal vento e dalle intemperie, ed il contrasto tra
centro, fatto di grattacieli ed edifici moderni e lussuosi, e le altre case che
sono molto modeste. Il traffico è molto caotico, è tutto un saliscendi che a
volte si fa ripido e c’è un misto tra tradizione e modernità: in ogni angolo
si vedono le cholitas, delle signore che indossano dei vestiti e il capello
tipici della zona. Rispetto a Santa Cruz vedo molta più gente bisognosa per la
strada, che chiede l’elemosina e lo fa fare anche ai propri figli mandandoli da
un’altra parte a ballare per ricevere qualche monetina: ogni volta che li
vedevo il cuore mi stringeva, rimanevo impietrito, mi chiedevo se è possibile
questo e se e come potevo far qualcosa per loro.
Nei giorni seguenti il nostro arrivo, abbiamo visitato
Tiwinaku, centro dell’omonima civiltà preincaica: ne sono rimasto colpito per
il livello raggiunto nella lavorazione della ceramica ma anche per i resti che ho potuto ammirare, in cui le pietre si incastravano perfettamente l’una con
l’altra e davano l’impressione di trovarsi davanti a qualcosa di magico e
meraviglioso. L’unica pecca è il modo in cui gli scavi sono stati portati
avanti nei decenni passati ed all’incuria in cui sono riversa il sito, gestito
dalla comunità locale: sembra quasi che non gli importi granchè e non lo sappia
valorizzare appieno. Stesso discorso vale per i musei che ho visitato: ci sono
cartelli in cui la spiegazione è troncata a metà, foglietti di carta attaccati
con la colla alle vetrine dei reperti archeologici, a volte mancano le
indicazioni… Si arriva all'idea che ai boliviani non interessi molto il loro
passato o, molto probabilmente, non abbiano l’idea su come risaltarne l’importanza.
Ho avuto anche la fortuna di poter visitare il lago
Titicaca: è incredibile poter trovare a 4000 metri di altitudine un lago così
grande e per giunta navigabile! Facendo tappa a Copacabana ho preso contatto
con un forte sincretismo religioso, cioè ad un misto tra cristianesimo e
cultura popolare, che rispetto a Santa Cruz è molto più radicato: si vendono le
miniaturas, ovvero degli oggetti che rappresentano dei desideri (casa, lavoro,
auto, laurea, salute, amore) che si vogliono realizzare e si va al santuario
del paese a farle benedire. Se il proprio sogno si realizza, si tornerà a
rendere grazie: nel caso di un’automobile, la si porta a benedire riempiendola
di fiori e innaffiando le gomme di alcool, offrendone un po’ anche alla
Pachamama (la madre terra che, dopo l’avvento degli spagnoli, viene
identificata con la Madonna). Si comprano anche dei dolcetti, a forma di quello
che si vuole ottenere, che assieme alle foglie di coca verranno bruciati in
offerta alle divinità: un po’ di questi altari li ho potuti ammirare nel monte
del Calvario di Copacabana, proprio dietro alle stazioni del Rosario. Religione
cristiana e andina si mescolano e si intrecciano più volte: a La Paz non è
difficile imbattersi negli sciamani, che leggono il futuro dalle foglie di
coca, appena fuori dalla chiesa di San Francesco così come, lungo la strada
delle streghe, si possono ammirare amuleti, statuine e dolci per invocare la
protezione della Pachamama, erbe e feti di lama per chiedere fortuna e
fecondità. Al primo impatto sono rimasto impressionato, intimorito ma allo
stesso tempo incuriosito, ne volevo sapere un po’ di più per conoscere un
aspetto che fino a quel momento mi era sconosciuto.
Ho potuto vedere dei paesaggi meravigliosi: tra questi la
valle de la Luna, una zona in cui l’erosione ha creato delle vere e proprie
opere d’arte e, passeggiando tra rocce scolpite dal vento e dall’acqua, mi dava
davvero l’impressione di trovarmi in un posto che non si trovava nella Terra,
non riuscivo a fare a meno di continuare a scattare delle foto per immortalarne
ogni angolo!
Il fatto di trovarsi in un altopiano ad un’altitudine così elevata, circondato dalle Ande, a volte mi giocava un brutto scherzo: convinto di essere sul livello del mare, facevo di corsa le scale o una salita e poi mi toccava fermarmi un bel po’ per riprendere fiato e per far sì che il cuore tornasse al suo ritmo regolare. Ogni movimento, ogni sforzo doveva essere dosato minuziosamente per non affaticarsi troppo e non soffrire di qualche disturbo!
I giorni passati a La Paz, oltre a farmi conoscere realtà di
cui avevo un’idea molto vaga, mi ha permesso di poter vedere ed apprezzare
quella Bolivia che tante volte avevo immaginato prima di partire, a cui Santa
Cruz non sembra appartenere: se vi capita l’occasione, visitarla ne vale
veramente la pena!
Har baje
Le cholitas |
Gli stregoni o sciamani |
La via delle streghe |
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